“Una moda che non raggiunge le strade non è moda”, diceva Coco Chanel. “Tutto nella moda inizia per strada”, dichiarava tempo fa Diane von Fürstenberg. Nulla di più vero, perché la strada è il reale teatro nel quale la moda prende vita e diventa tale. Un fenomeno che tutti noi oggi chiamiamo Street Style. E chi fa parte del settore moda o chi ne è appassionato, spesso si interroga su come tutto sia iniziato e su chi abbia contribuito a dare il via a questo trend, che oggi ha conquistato ogni parte del mondo. Tutto inizia in America negli anni ’50 .
Nonostante il termine Street Style sia riconducibile a un fenomeno relativamente recente, il suo orientamento in effetti affonda le radici indietro nel tempo. Ovvero da quando decadono i dettami più rigidi della società e inizia a prendere vita un’espressione più libera del sé; Da quando i giovani iniziano a non prestare più attenzione alle Maison ma si ispirano ai propri contesti socio culturali.
Come anticipato, le prime espressioni di libertà individuale si hanno negli anni ’50, con i blue-jeans, i giubbotti in pelle e i ciuffi ribelli. Negli anni ’60 e ’70 vengono sostituiti da pantaloni a zampa e capi coloratissimi, simbolo dello stile hippie. Le decadi successive vedono poi un susseguirsi di tendenze nate da altre subculture giovanili divenute iconiche come il punk e il grunge e l’iconico movimento dei Casual. Una subcultura con un abbigliamento ben preciso: scarpe adidas Stan Smith, Diadora e New Balance e brand come Fred Perry, Lacoste.
Ma quello che più di tutti ha fatto da apripista a una definizione e a una successiva comunicazione e diffusione più ampia dello stile di strada è stato indubbiamente lui: lo streetwear. Uno stile che prende forma dapprima tra i surfisti e gli skaters della California, per poi approdare nel Bronx e legarsi definitivamente alla cultura Hip-Hop. L’output di questo fenomeno “nato dal popolo” è talmente potente e immediato che in un attimo diventa un must. Ne vengono fuori contratti milionari come quello firmato da Michael Jordan nel 1984 con la Nike, che porterà alla nascita delle sneakers più iconiche di sempre. E sempre in questo periodo nascono brand di successo mondiale come Carhartt e Supreme.
Ma come si è diffuso lo streetstyle? Come è arrivato dalle piccole subculture al mondo intero? Fondamentale per il suo successo è stata la fotografia. E colui che ha maggiormente contribuito è stato di certo Bill Cunningham. Fotografo che dalla fine degli anni ’70 ha segnato una svolta epocale nel genere, e lo ha fatto per decenni. In sella alla sua bicicletta immortalava scene quotidiane catturate per le vie di New York e Parigi. Raccontava la vita di due grandi metropoli attraverso “On The Street”, una delle più longeve e interessanti rubriche del New York Times. Alla sua morte Anna Wintour, direttrice di Vogue America, lo ha ricordato affermando: “Se Bill non ti fotografava, allora era come dire che non esistevi”. E oggi è riconosciuto a tutti gli effetti come il padre dello Street Style.
Tuttavia, la vera svolta arriva nel 2005 quando Scott Shuman fonda un blog che rappresenterà una vera pietra miliare nello Street Style: The Sartorialist. Il progetto editoriale sul web ricalca le orme di Bill Cunningham in versione luxury. Un diario visual digitale di New York, con la differenza che Scott punta quasi unicamente allo scintillio e alla parte più chic e glamour della città. L’idea piace tanto che in soli due anni Scott Shuman vede le sue fotografie, che ritraggono i partecipanti alla Fashion Week Milanese del 2007, pubblicati su style.com. Il meccanismo decolla e sulla scia di The Sartorialist nascono schiere di blog e progetti editoriali online. Uno su tutti che ha sicuramente vinto è quello di Chiara Ferragni: The Blond Salad nato nel 2009.
Il resto è storia recente, fatta di successi e di numeri che si impennano, sui profili social delle nuove star del fashion così come nelle casse dei brand di lusso che hanno saputo sfruttare il nuovo modo di comunicare per promuovere i propri pezzi e crescere in brand awareness. E oggi la moda street non copre più solo Europa e America ma ha conquistato anche il mondo asiatico. Grazie ad Amazon che dal 2016 è diventato lo sponsor della Settimana della moda a Tokyo. Questo ha permesso alla capitale nipponica di essere attualmente una tra le città che dettano le regole dello streetstyle.
Oggigiorno molti si chiedono come sarà il futuro dello Street Style dopo che quest’anno la pandemia ha cambiato le regole. In assenza di sfilate ed eventi mondani, gli influencer si sono dovuti reinventare e in molti si chiedono quali saranno i nuovi scenari possibili. Lo Street Style morirà o sopravviverà? Della sua sopravvivenza è convinta Su Shan Leong, fotografa divisa tra Seoul e Parigi. “La moda di strada ha sempre avuto un impatto sui consumatori e sui trend. Penso che dopo il lockdown le persone usciranno di casa con la voglia di vestirsi ancora più di prima”. Ma c’è anche chi la pensa in maniera diametralmente opposta. Secondo Antoine De Almeida, l’urban style non è più interessante. È passato dai professionisti del settore che si vestivano in modo interessante e innovativo a influencer che indossano semplicemente abiti di brand ottenuti grazie ad agenzie di PR.
Nessuno saprà che fine farà la moda di strada, ma quello che è certo, ha permesso a tantissime persone e brand nel corso di farsi conoscere ed essere qualcuno. Se oggi Supreme, Nike, adidas, Off-White, Louis Vuitton, Carhartt e Stone Island sono indossati a livello globale, e alcune di essi sono arrivati persino alle Fashion Week, lo devono senza ombra di dubbio proprio a quello stile e ai suoi testimonial.