In un’intervista del 2019 rilasciata al Wall Street Journal, Michele Di Pierro, il fondatore di Supreme Italia, dichiarava: “Il nostro successo non si basa sul Box Logo. Il segreto sta nella qualità dei prodotti e nel rendere accessibile i nostri articoli a una clientela giovane. Quando registrai il marchio in Italia lo feci in buona fede. James Jebbia non era conosciuto da noi e non aveva nemmeno uno store nel nostro paese, quindi non sapevo dell’esistenza di Supreme New York.”. A quanto pare però la giustizia non la pensa così.
Dopo anni e anni di lotte, la guerra legale sui trademark si è conclusa a favore del brand americano. Come riportato da Bloomberg, Michele Di Pierro e suo figlio Marcello sono stati giudicati dalla corte d’Inghilterra colpevoli di frode. Hanno registrato i marchi “Supreme Italia” e “Supreme Spain” sfruttando ingiustamente la notorietà del colosso dello streetwear fondato a New York nel 1994.
I due devono scontare rispettivamente 8 e 3 anni di carcere per aver “plagiato l’identità di Supreme con azioni e metodi sfrontati, offensivi e disonesti”. Inoltre dovranno pagare a Supreme ben 7,5 milioni di sterline, che corrispondono a poco più di 8,7 milioni di euro. La sentenza è stata pronunciata dal giudice inglese Martin Beddoe a Londra. Le carte del processo hanno fatto emergere poco dopo che l’azienda londinese aveva solo 300 sterline nei suoi conti.
Infine, l’International Brand Firm Ltd., dovrà pagare una multa di 10,4 milioni di dollari per aver contribuito al reato. Si tratta della holding inglese che si è occupata del trademark nei Paesi in cui James Jebbia non aveva registrato il suo brand.
Al momento, né Supreme né VF Corp hanno commentato l’esito del processo che comunque rappresenta la prima condanna personale. Ricordiamo che lo scorso 3 dicembre era stata ufficializzata nell’Unione Europea la registrazione del trademark del Box Logo. Ma solo la sentenza della scorsa settimana sembrerebbe aver chiarito la questione una volta per tutte.