Eccessiva stravagante, colorata, ma non solo: gli anni ’80 segnano la nascita del prêt à porter. Questo è infatti il periodo in cui Milano diviene la capitale della moda ed è attraverso le Fashion Week Milanesi che diventano celebri alcuni stilisti Italiani del calibro di Giorgio Armani e Gianni Versace. Grazie soprattutto a questi due geni il prêt à porter italiano diviene la firma del lusso per eccellenza in tutto il mondo. Sono tanti comunque i nomi di coloro che in fatto di prêt à porter renderanno l’Italia il primo distretto al mondo in fatto di stile: ad esempio: Moschino, con collezioni ricche di particolari pop, divertenti, irriverenti e sempre in bilico col gioco o Gianfranco Ferré che seppe fare di un sapiente gioco di geometrie, maniche e colli importanti, una moda estremamente femminile.
Il focus point del made in Italy era attingere alle tradizioni sartoriali, alle nostre conoscenze, ai piccoli laboratori artigianali a conduzione familiare, (celebre a Roma il laboratorio della Famiglia Agnesotti, che eseguiva preziosi ricami per stilisti del calibro di Lancetti, capi che venivano poi esportati in tutto il mondo). Se all’estero imperversava una moda nata dal caos, dal voler mischiare insieme vecchio e nuovo e decontestualizzandolo, in Italia si puntava su una linea pulita, scolpita come una scultura sul corpo attraverso l’utilizzo di tessuti di altissima qualità.
Il concetto di Unisex è l’androgino e l’attrice e modella Grace Jones ne fu perfetta interprete. In questi anni la spinta del movimento femminista, portò le donne a percorrere strade diverse, non solo quella del matrimonio e della maternità, ma a rapportarsi con sempre maggiore presenza e determinazione nel mondo del lavoro: sono gli anni delle donne in carriera: “Ho un cervello per gli affari, e un corpo per il peccato. Ci trova qualcosa da ridire?” chiedeva una affascinante Melanie Griffith ad Harrison Ford nel film Working Girl del 1988. Ecco quindi la moda rispondere con tailleur, giacche che misero in evidenza le spalle e pantaloni, capi in apparenza rubati dal guardaroba maschile, ma che lasciavano intravedere la silhouette creando un mix androgino esplosivo e accattivante.
Armani infatti, partendo dalla destrutturazione della giacca maschile ne rivoluzionò il design: furono eliminati i supporti interni, le imbottiture e furono modificate le proporzioni tradizionali: nacquero così le giacche destrutturate, emblema assoluto del suo stile. La sua dialettica ispirandosi al cinema in bianco e nero e alle atmosfere dell’America degli anni venti e trenta, diede il via a tagli nitidi e puliti e toni di colori-non colore come il beige, il grigio o il famoso greige, una nuova tonalità tra il grigio e il sabbia terroso o il blu-Armani toni che ben si adattarono a donne che non volevano puntare su una sensualità sfacciata, ma sobria ed elegante.