ALEXANDER MCQUEEN: 10 ANNI DALLA SCOMPARSA DEL GENIO RIBELLE

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Quest’ anno si compiono 10 anni dalla scomparsa di un genio della moda. Un genio ribelle, controverso, che ha segnato sicuramente il fashion system per le sue sfilate show. Stiamo parlando del designer inglese Alexander McQueen, scomparso nel febbraio del 2010, suicidandosi nel suo appartamento di Mayfair. Per l’occasione, abbiamo deciso di ricordarlo e ripercorrere il suo percorso stilistico sartoriale e di come è nata la sua immensa forza creativa, fatta della stessa sostanza dei sogni e dell’inquietudine.

Il designer inglese abbandona prestissimo la scuola e a soli 16 anni inizia a lavorare nell’atelier di Anderson & Sheppard di Savile Row, dove apprende i segreti dell’alta sartoria. A vent’anni affianca lo stilista giapponese drammatico e immaginario Koji Tatsuno e un anno più tardi, nel 1990, arriva a Milano per far parte dell’ufficio stile di Romeo Gigli. Creativo ma ribelle, dopo un’ammonizione da parte dello stilista italiano lascia un segno della sua disapprovazione, cucendo nascosto alla vista la scritta “Fuck You”. Nel 1992 decide di intraprendere un corso di master presso la Central Saint Martins College of Art and Design di Londra ed è qui che rafforza la sua visione creativa, l’abilità tecnica nel taglio e nella costruzione. A notare il suo talento (e genialità) in occasione della sfilata di fine anno è stata Isabella Blow, assistente di Anna Wintour, creando una collezione dedicata a Jack lo Squartatore e la stessa Isabella ne acquistò ogni singolo pezzo.
L’ascesa di Alexander è costante: sarà lui a disegnare i costumi per il tour di David Bowie del 1996/’97. Dal 1996 al 2001 subentra nella direzione artistica di Givenchy ma spesso gli va stretto, soprattutto quando si tratta delle sfilate più conservatrici, come la Haute Couture. La prima collezione per la maison è un fiasco clamoroso e Alexander è turbato, incubi frequenti lo assalgono. I suoi eccessi mai sterili, e le sue provocazioni, mai gratuite, gli valgono l’appellativo di enfant terrible e di hooligan della moda inglese. Ogni sfilata è un evento, una masquerade iconica: si alternano sulla passerella riferimenti iconoclastici e note blasfeme, drammi in chiave tecnologica e, ancora, rappresentazioni allegoriche di guerra, rabbia, morte, poesia e rinascita.

Il 2008 è un anno molto duro per lo stilista, che deve affrontare la prematura scomparsa della sua mentore, Isabella Blow, morta suicida dopo essere stata allontanata da quello stesso mondo patinato. Inaugura il 2010 infelice e tossicodipendente: dopo essere stato escluso dal calendario della London Fashion Week, Alexander perde anche la madre. Non riesce ad andare avanti, quando le difese si abbassano, i demoni  riemergono e nessun assassino sa essere spietato quanto la propria mente. L’11 febbraio Alexander McQueen viene trovato impiccato dalla governante. Accanto al corpo un biglietto in cui le chiede di prendersi cura dei suoi amati cani.
McQueen, schivo e riservato come pochi, ribelle per costituzione, forse non sarebbe stato capace di adattarsi ad un mondo come quello odierno, diviso tra follower e hashtag, e il fast fashion. Anarchico e irriverente, Alexander McQueen mirava a sconvolgere con le sue collezioni, all’insegna del pathos.


La direzione creativa del brand è affidata a Sarah Burton, che dal settembre 2010 sfila regolarmente nell’ambito della settimana della moda di Parigi, e noi non possiamo dirle che grazie che da 10 anni ci traghetta verso il contemporaneo Alexander McQueen.

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