VIRGIL ABLOH: L’UOMO DI LV DEVE ESSERE LIBERO

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Nella ricerca del tempo normale, quello che la pandemia da Covid-19 ha strappato dalla vita della contemporaneità, la moda ha molto da dire e la sfilata a Shanghai della collezione primavera-estate 2021 Louis Vuitton Uomo by Virgil Abloh lo dimostra in molti aspetti. E per primo nell’elaborazione del pensiero di moda: quell’etichetta di streetwear «che Virgil Abloh ha prima liberamente adottato e poi respinto», si legge nella nota della collezione, diventa una nuova espressione di quotidianità perché «rappresenta e caratterizza gli abiti e la maniera con cui l’indossiamo oggi». Quindi, qualsiasi cosa può essere streetwear, anche il classico abito giacca-pantaloni-camicia, quella divisa borghese che erroneamente si è tentato di abbattere con felpe e sneakers e che invece va reinventato. Ecco quindi che Abloh esorta gli uomini a non farsi definire dal lavoro che svolgono «Occorre neutralizzare le regole di un mondo vecchio per riappropriarsi e riabbracciare una progressiva joie de vivre».

 

La gestazione di questa collezione Louis Vuitton Uomo SS21 ha una storia molto particolare perché tutto inizia durante il lockdown mondiale dovuto alla pandemia da Covid-19. Abloh concepisce un percorso: la collezione sarà composta di vari momenti, quattro metodi di upcycling (ricondizionamento e riutilizzo): alcuni look saranno nuovi e realizzati in materiali riciclati, altri saranno rivisitati da quelli già preparati e presentati per l’autunno-inverno 2020, altri look verranno da quelli che l’ufficio stile ha liberamente disegnato e preparato durante il lockdown ma sempre con materiali riutilizzati, e infine altri look creati da idee preesistenti. Quindi, l’idea di base è Riutilizzare l’Esistente, quasi in una forma ideologica e pratica di un sentimento molto diffuso diventato anche una nuova frontiera della sostenibilità.
Ma il tempo richiede anche nuove forme di presentazione. Ecco allora arrivare un film animato, The adventures of Zooom with friends. Un gruppo di amici che si impossessa in qualche modo del ritmo nuovo del tempo, raccoglie e seleziona: Partono da Parigi, nella casa del fondatore di Louis Vuitton ad Asnière, luogo di origini, dove mettono insieme suggestioni e provocazioni che, alla fine stipate in container, viaggiano sulle chioette lungo la Senna, arrivano al mare, solcano gli Oceani e approdano a Shanghai, prima tappa delle presentazioni dal vivo che proseguirà a Tokyo (ultima tappa) il 2 settembre.
E a Shanghai, su un dock del fiume Huangpu, prende vita uno show surrealista in cui gabbiani giganti e nuvole soffici diventano il set per una collezione che ridisegna la ritualità dell’abito nella convinzione che se non si riuscirà mai a fare dello streetwear una moda, l’abito diventerà lo streetwear diffuso. Tessuti molto elaborati, tagli alla Lucio Fontana, stampe che riproducono i cieli dei quadri di René Magritte, camicie e cravatte con lo stesso tessuto rigato, montgomery, pellicce, soprabiti, felpe, tessuti damier che compongono interi look scarpe comprese, sahariane fucsia. E tanti, tantissimi suits che dimostrano come la divisa mondana dell’uomo borghese può anche diventare simbolo di artigianalità e creatività.

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