Giovedì 26 settembre 2021, passerà alla storia come il giorno di quando per la prima volta, due marchi italiani di alta moda si sono uniti in un’unica sfilata. Infatti come preannunciato da alcuni rumors, la collaborazione tra Versace e Fendi è diventata realtà. Con un secret show intitolato “The Swap“, Fendace è stata presentata in occasione della Milano Fashion Week.
Una mossa che scrive una nuova pagina di storia. Non si tratta di una semplice partnership, bensì di un vero e proprio scambio di ruoli temporaneo tra due direttori artistici che guidano due brand equivalenti nell’industria. Niente rivalità, ma solo amicizia, rispetto reciproco e condivisione per celebrare l’impatto culturale di due leggende. Prima Fendi x Versace, poi Versace x Fendi. È uno scambio alla pari che permette di reinterpretare secondo la propria visione i codici stilisti delle maison mantenendo intatta la loro iconicità.
Il principale veicolo di questo dialogo è stato il logo, o meglio i due loghi, nella cui fusione si è risolta la maggior parte di questa collaborazione o swap. Il logo è stato anche il principale e più esplicito veicolo tramite cui l’hacking fra Gucci e Balenciaga di qualche mese fa si è espresso. Un gesto che fa pensare tanto all’inizio di un prossimo aumento di mega-collaborazioni tra i titani dell’industria moda, quanto a un ritorno della logomania.
L’evento di ieri, in effetti, non ha fatto che rinforzare il ruolo e la potenza dei loghi. A partire dalla passerella, dominata da un gigantesco doppio logo rotante, fino ai dettagli della collezione che hanno trasformato la doppia F di Fendi nel pattern greco di Versace. È chiaro che questo ritorno della logomania, specialmente nel caso delle mega-collaborazioni, è una mossa che guarda al mercato asiatico e soprattutto alla Cina. Come scriveva Jing Daily poco prima del lockdown, «la logomania è collegata all’ascesa della classe media e della classe aspirazionale. Questi gruppi credono che l’ostentazione del lusso sia il modo migliore per mostrare alla società di aver raggiunto il successo personale.»
Il rischio però, è che tutto finisca per risolversi nel solo logo. Specialmente considerato come in questa collaborazione l’identità visiva di Versace cannibalizzi quella di Fendi. Come Jordan Anderson ha scritto su Instagram poco dopo lo show: «Qual è di preciso il DNA di Fendi e dove si trova in questa collezione? […] Non c’è traccia di Fendi o della sua storia oltre i loghi […]. L’hacking tra Gucci e Balenciaga aveva funzionato la scorsa stagione […] perché era fra due designer, Alessandro e Demna. I due hanno creato stili ed estetiche riconoscibili negli anni che si sono mescolate insieme. Kim Jones invece è appena arrivato da Fendi e sta ancora cercando di capire la direzione verso cui portare il brand».
Per quello che si riesce a percepire, all’inizio i look traducono l’eclettico pensiero di Kim Jones. Una serie di abiti contraddistinti dall’eccentrico motivo barocco applicato su una base realizzata con il monogram Fun Fur. Dopodiché è il turno di Donatella Versace, che ha rivisitato il patrimonio della griffe romana mescolandolo al suo inconfondibile tocco glamour. Via ad ornamenti sulla borsa Peekaboo e altre celebri silhouette con sontuosi dettagli dorati, grafiche arzigogolate e co-branding, tra cui il sfavillante “FENDACE“.
Il parallelismo con l’operazione di hackeraggio concepita da Gucci e Balenciaga lo scorso aprile è inevitabilmente d’obbligo, ma a quanto pare ci troviamo davanti a una dinamica che sembra definire il futuro del fashion business.