La madre avrebbe voluto che diventasse un’infermiera, ma Donyale Luna, nome d’arte di Peggy Anne Freeman, scelse una strada completamente diversa. Nata in un sobborgo di Detroit nel 1945 e morta a Roma nel 1979, la donna è passata alla storia per essere stata tra le prime modelle afroamericane a sfilare in passerella. O comunque la prima ad apparire sulla copertina di una rivista di moda.
Fu scoperta dal fotografo inglese David McCabe a New York dove la giovane si trasferì per inseguire il sogno di lavorare nella moda. Questo è lo stesso che tra il 1964 e il 1965 documentò per un anno la vita di Andy Warhol. Il successo fu immediato e conquistò tutti in pochissimo tempo. Merito delle sue gambe lunghissime, i fluenti capelli scuri, gli occhi grandi, le labbra piene. Un fascino così lontano dalle biondissime modelle dell’epoca.
Nel 1965 un suo ritratto venne pubblicato sulla copertina di Harper’s Bazaar. L’anno successivo, fotografata da David Bailey, apparve anche su quella dell’edizione britannica di Vogue. Prima ragazza copertina di colore, Donyale Luna non fu però solo una modella. Amava giocare con il suo corpo indossando parrucche e lenti a contatto colorate e lei stessa si definiva un’artista. Con lei ogni sfilata e ogni servizio fotografico si trasformavano in una performance. Posò senza veli diverse volte.
Grazie alla sua singolarissima bellezza e al suo carattere eccentrico diventò anche una delle muse di Andy Warhol. Apparve in diversi film, fra cui Satyricon (1970) di Federico Fellini e Salomè (1972) di Carmelo Bene, dove recitò completamente nuda e calva. Non solo. “Riservata, misteriosa, contraddittoria, evasiva, volubile, e fissata riguardo al suo lignaggio multirazziale“, come la definì la giornalista Judy Stone sul New York Times nel 1968, Donyale Luna fu anche qualcosa di più profondo: fu, forse inconsapevolmente, il simbolo di un cambiamento epocale per la moda. Ed ebbe il merito, usando le parole di una rivista inglese, di aver donato una “radicale nuova immagine della donna di colore“.