Finalmente lunedì 18 Maggio, nel nostro Paese, si sono alzate le saracinesche di molti esercizi commerciali. Dovremo imparare a convivere con il virus implementando nuove norme sanitarie che riducano al minimo il rischio di contagio nei luoghi pubblici, ovvero una sanificazione costante di ambienti e superfici. Il problema però si pone quando parliamo dei capi esposti e dei camerini, che possono diventare un pericoloso veicolo per i contagi e qui le tecniche di sanificazione sono più difficili da applicare che altrove. L’impiego di disinfettanti chimici o a base alcolica è escluso in quanto rovinerebbe gli abiti e richiederebbe tempi lunghissimi per rendere agibili i camerini. I commercianti hanno pensato a due opzioni: l’ozono e i raggi UV.
L’ozono è un gas che agisce bene in saturazione, quindi il suo utilizzo sarebbe ideale in ambienti chiusi come quelli dei negozi. Per i camerini potrebbero essere impiegati sanificatori a ozono a ciclo corto, che potrebbero disinfettare un camerino nel giro di 15 minuti, o una cabina a ozono risolvendo quindi la questione degli abiti da provare. Il problema è nei costi. Le cabine a ozono ad esempio vanno dai €3000 in su e poche saranno le attività che potranno permettersi l’ acquisto.
Altra tecnica di sanificazione utile per i negozi potrebbe essere quella dei raggi UV. La luce ultravioletta del sole è composta da tre tipi di raggi. I primi due, UVA e UVB, sono quelli da cui ci si protegge con i classici schermi solari mentre gli UVC, più forti degli altri, vengono filtrati dall’atmosfera e sono i più forti e letali, capaci di alterare la struttura genetica degli organismi viventi, virus e umani inclusi. Però anche qui si pone il problema potenziale di questa tecnica. Sono necessari addetti al lavori esperti in quanto bastano pochi secondi di esposizione diretta agli UVC per causare gravi danni alla vista, alla pelle e in generale a tutti i tessuti organici. Un malfunzionamento o un uso scorretto potrebbero tradursi in seri rischi sia per i clienti che per il personale dei negozi.
Due soluzioni plausibili ma che richiedono personale appositamente formato e adeguatamente protetto e attrezzature e procedimenti costosi e molti negozianti, si sono trovati in difficoltà. Pensiamo al colosso del fast fashion H&M che si è visto chiudere ben 7 negozi solo in Italia mettendo in esubero circa 145 persone.