Supreme NYC sta conducendo ormai da molto tempo una lunga e dura battaglia legale contro i legal fake. La questione è abbastanza complessa: il problema nasce dal fatto che a Supreme NYC manca il tassello UE, questo significa che il marchio è registrato negli USA ma manca la registrazione in Europa. Nel maggio 2018 EUIPO (l’ufficio europeo che si occupa di proprietà intellettuale), ha rifiutato la richiesta di registrazione. Poi, però, ha compiuto una parziale retromarcia 18 mesi dopo, riconoscendo Supreme “un marchio dotato di una capacità distintiva”. Ma ancora Supreme NYC, cioè quella originale, non ha ottenuto quel che vuole: la registrazione del marchio in Europa.
Il caso scoppiò nel dicembre 2018 quando la multinazionale Samsung annunciò di aver stretto una collaborazione con il brand di streetwear. Solo qualche giorno dopo si accorse di essere incorsa in un clamoroso epic fail. In altre parole: il contratto non l’aveva siglato con la vera Supreme americana. Immediato il dietro front e l’annullamento della firma. Da allora Supreme NYC ha iniziato la sua crociata, in particolare contro Supreme Italia e Spagna. Crociata che sta ottenendo dei risultati solo negli ultimi mesi. Anche se manca ancora la registrazione a livello europeo.
Il legal fake è il fenomeno che avviene quando una società registra un marchio in una nazione prima che venga registrato dall’azienda originale che detiene i diritti sul quel marchio. International Brand Firm (IBF), società con sede a Londra ma italiana di fatto, ha registrato il marchio Supreme in circa 50 Paesi tra cui Italia e Spagna. Vanta anche una presenza a Pitti Uomo (gennaio 2016) e una serie di negozi aperti in maniera “legale”. Come scrive Il Sole 24 Ore, la Cassazione, con una sentenza destinata a fare giurisprudenza, ha confermato la legittimità di alcuni sequestri di merce con il marchio Supreme Italia e Supreme Spain. Valore complessivo: circa 10 milioni di euro. Successivamente, anche il Tribunale di Barcellona ha dato ragione a Supreme NYC. Così come il China Trademark Office che ha ordinato la chiusura di oltre 40 punti vendita di IBF in Cina.